MONTEFIORALLE di Aldo Fiordelli

SINTESI

Montefioralle è la seconda più piccola Uga del Chianti Classico dopo Lamole, sul versante sinistro della Greve. L’estensione ridotta aiuta a identificare i caratteri principali del vino all’interno del territorio e della denominazione. Si tratta di una zona fresca del Chianti Classico, con una temperatura media tra 13.5 e 14 gradi che contribuisce a sostenere l’acidità dei vini, contenere il tenore alcolico ed esaltare il carattere rosso del frutto. Il suolo è prevalentemente di alberese, un calcare marnoso, con alcune zone caratterizzate dalla presenza di pietraforte, un’arenaria sempre con alte percentuali di calcare attivo. Questi suoli contribuiscono a dare ai vini struttura, abbinata però a una particolare morbidezza dell’acidità dovuta ai terreni alcalini e a tannini eleganti che risultano più mascolini nelle zone della pietraforte. L’orografia si attesta su altitudini tra i 300 e i 500 metri, senza presenza di vigneti pianeggianti, cosa che contribuisce ulteriormente a mantenere sostenute le acidità e il contenuto di polifenoli. Montefioralle è prevalentemente esposta verso Est, insieme al suolo uno degli aspetti tra i più caratterizzanti dell’Uga, responsabile di una spiccata freschezza e fragranza del frutto. Importante anche la presenza di bosco che influenza in particolare i vini del settore nord-occidentale dell'Unità Geografica Aggiuntiva, tendenzialmente più austeri. Il vino di Montefioralle si identifica in conclusione in un rubino particolarmente brillante, con profumi di viola di Parma, nocciolo di ciliegia e ciliegia rossa, grafite (non da legno, il nuovo qui è poco usato) e una spezia dolce tra semi di anice e pan di zenzero che col tempo accentua un carattere balsamico tra canfora o menta piperita nelle zone più fresche. Il tannino è elegante e perlopiù setoso, l’acidità spiccata ma progressiva, delicata all’attacco e poi rinfrescante, in genere tra 5,5 e 6,5 grammi litro (acidità totale). L’alcol si attesta tra 13.5 e 14.5 con rare punte di 15 nelle annate più calde e nelle zone più esposte. Uno dei Chianti Classico più fini, più concentrato rispetto alla sottigliezza di Lamole, più delicato rispetto al nerbo acido di Gaiole, meno strutturato di Panzano al quale pure si avvicina di più, ma al confronto del quale potrebbe avere un vezzo di minor longevità. 


INTRODUZIONE

Questo lavoro si pone come obiettivo quello di definire l’identità di Montefioralle nel contesto delle Unità geografiche aggiuntive del Chianti Classico. La conoscenza climatica, geologica e orografica di un territorio offre indicazioni fondamentali per cogliere le peculiarità di un vino. Per una comprensione più approfondita occorre tuttavia un ulteriore sforzo di analisi che comprenda tutta una serie di ulteriori fattori. La luminosità di un territorio, l’eventuale presenza di bosco, l’esposizione, l’orientamento del vigneto, l’età delle viti, diversi sistemi di allevamento, cloni ed eventualmente anche portinnesti differenti, i vitigni - data la possibilità di un saldo di uve internazionali e locali oltre al Sangiovese nel Chianti Classico - e ultimi ma non ultimi il metodo di vinificazione e l’affinamento. Occorre in sostanza analizzare tutti i fattori in grado di influenzare lo stile e il gusto del vino, studiarne le combinazioni con le informazioni climatiche, geologiche e orografiche e isolare quindi la natura più profonda del territorio e le sue differenti interpretazioni. Questo gioco di combinazioni, come in un cubo di Rubik, punta a un’unica conclusione possibile ma che presenta più sfaccettature. Il risultato a cui si mira non vuol essere univoco, non per relativismo o prudenza, ma perché l’ambizione è addivenire a diverse articolazioni di una singola tipicità: un profilo identitario più generico e sintetico e più facilmente alla portata di tutti, come quello già riportato. Un secondo profilo maggiormente dettagliato, in relazione ai fattori distintivi più impattanti, perlopiù suolo e clima, all’interno dell’Uga in questione. Infine, un terzo e più raffinato profilo che comprende la posizione e lo stile delle singole aziende nell’areale di Montefioralle.  


METODOLOGIA

Dopo un approfondito studio del clima e della geologia di Montefioralle, si è proceduto con una degustazione dei vini. La degustazione ha coinvolto tutte le aziende aderenti all’Associazione di Montefioralle. Per ogni azienda sono stati richiesti i campioni di tre annate diverse. La 2017, vendemmia calda e siccitosa a un estremo. La 2018, annata sempre calda ma molto piovosa e dunque considerabile a un altro estremo. Infine la 2016, vendemmia di grande qualità ed equilibrio che ha confermato o smentito la bilancia del rapporto tra le altre due. Attraverso questo lavoro si sono evidenziati i termini più ricorrenti nella degustazione. Sia da un punto di vista dei riconoscimenti aromatici, sia tra i descrittori della struttura dei vini. A questo punto si è proceduto a un giro delle cantine aderenti all’associazione per verificare il dettaglio delle esposizioni, del suolo, dell’eventuale microclima, ma soprattutto di tutte le altre determinanti considerate in questo studio. L’insieme di questi dati ha talvolta confermato alcune impressioni, talaltra smentito le medesime. Gli elementi discordanti, ad esempio il tannino dei vini sulla pietraforte, si sono rivelati più utili di quelli in sintonia col primo profilo emerso, poiché la comprensione della loro origine ha permesso di distinguere più approfonditamente le determinanti del territorio dalle sue variabili. Gli assaggi, circa 60 vini su 4-5 annate diverse, sono comunque disponibili per chi fosse interessato. 


LA ZONA

Montefioralle è un borgo medievale risalente all’anno Mille, una frazione di Greve in Chianti. Da un punto di vista vitivinicolo è la seconda più piccola Uga del Chianti Classico dopo Lamole. Sorge sulla riva sinistra del fiume Greve che scorre verso Firenze. Se la sponda destra viene considerata il confine del Macigno del Chianti, su quella sinistra troviamo perlopiù le formazioni di Monte Morello, di Sillano e la pietraforte. La Uga è delimitata a Nord dal Borro di Storno e dai vigneti del Castello di Verrazzano, l’accesso ai quali dalla Chiantigiana (SR 222) rappresenta una sorta di ingresso nell’Unità geografica stessa (da Firenze). Il Nord Est e tutta la parte orientale costituiscono il confine con l’Uga di Greve. A Nord Ovest è delimitato invece dal Poggio Testalepre che con San Martino in Valle ne disegna il confine con l’Uga di San Casciano. Scendendo lungo quel versante dalla SP 118 si possono notare i vigneti di Sillano (Terreno) dove Montefioralle confina con San Donato in Poggio (Uga). Dall’abitato di Greve a Est e da quello del Borro della Paurosa a Ovest, l’Uga è tagliata trasversalmente dalla strada di accesso al paese di Montefioralle che in 2,3 chilometri sale da poco più di 200 a 400 metri e passato l’abitato fino a 500 metri. Circa un 10% di pendenza che giustifica i terrazzamenti diffusi in quasi tutta l’Unità geografica. L’altitudine è un aspetto importante per tutto il Chianti Classico, perché il Sangiovese trova la sua quota ideale tra 300 e 400 metri. A Montefioralle tuttavia l’altitudine piuttosto elevata, sempre vicina alla soglia della viticultura di Montagna (da 500 metri), con pendenze come abbiamo visto importanti, abbinata a suoli calcarei e un’esposizione a Est contribuisce a un profilo coerente del vino e incentrato sull’eleganza. La strada da Greve verso il Borgo prosegue fino a costeggiare il versante Nord del Monte Fili che arriva a 553 metri. Da qui e per tutta la parte meridionale Montefioralle confina con Panzano, delimitata a Sud dal Borro della Rimbecca e dai vigneti di Pernano. I confini più ampi risultano dunque essere quelli con Greve e la stessa Panzano. Ma se con quest’ultima si registrano le più importanti analogie, il confine della Greve rappresenta un distinguo fondamentale dal punto di vista, come vedremo, geologico e di esposizione. Anzi, maggiori affinità sono più facilmente riscontrabili con alcuni vini di San Donato in Poggio. 


IL CLIMA 

Il clima mediterraneo con importanti influenze continentali, quale quello del Chianti Classico, presenta inverni freddi ed estati calde, ma con un celere approssimarsi dell’autunno. Nel contesto della denominazione si tratta di una zona fresca, meno fredda della zona Orientale e di quella del Macigno, dove cioè i rilievi formano una sorta di “H” all’interno della denominazione, ma anche meno calda rispetto ai confini occidentali, propaggini settentrionali e meridionali comprese. La temperatura media tra 13.5 e 14 gradi contribuisce a: sostenere l’acidità dei vini, in genere intorno ai 6 grammi/litro di acidità totale (ma comunque sempre tra 5,5 e 6,5) e contenere il tenore alcolico tra 13.5 e 14.5 con rare punte di 15 nelle annate più calde (2015 – 2017) e solo nelle zone più esposte. Questo clima fresco contribuisce a mantenere un carattere rosso piuttosto che scuro del frutto, né acidulo come nelle zone di Lamole o Gaiole, né dolce come per esempio a Castelnuovo Berardenga dove anche l’acidità dei vini risulta meno austera. A supporto di questa maggiore freschezza climatica, un ruolo non secondario è esercitato dalla ampia presenza di bosco che, a Montefioralle, incide in modo non trascurabile così come citato anche da Alessandro Masnaghetti nell’Atlante dei vigneti e delle Uga del Chianti Classico. L’austerità di acidità e frutto dei vini del Castello di Verrazzano è da ascrivere, ad esempio, oltre che a un’esposizione frequente a Est e Nord-Est proprio alla forte presenza di bosco che rende il clima di quella zona specifica appunto più fresco e con maggiori escursioni termiche. Ma è da qui che arrivano più di frequente note di canfora da inquadrare come evoluzione di note minerali e fresche o anche di menta piperita. Anche la zona di Pernano, al confine opposto dell’Uga, al di sotto dei 400 metri e con esposizioni perlopiù a Est, è tra le ultime a essere vendemmiata a causa dell’influenza fresca del bosco sui vigneti. Le uve qui vengono utilizzate ad esempio solo per il Chianti Classico, ma non per Riserva né Gran Selezione proprio a causa del carattere fresco e sottile dei vini. Influenze più calde invece si registrano nonostante l’altitudine ad Altiero, a Sud-Est del Monte Fili. L’azienda è la prima a vendemmiare, non solo per l’esposizione a Ovest, Sud-Ovest, ma perché proprio da questa direzione che nelle giornate calde mostra anche le torri di San Gimignano, arriva un’importante brezza marina più calda. Nel 2022 ad esempio le temperature medie registrate dalla stazione meteo di questa zona sono risultate di un grado superiori rispetto a quella di Verrazzano: 16,2°C Vs 15,3°C. Da segnalare, infine, sempre a supporto della freschezza del clima e del frutto, la diversa luminosità che si registra in questa porzione di Chianti Classico settentrionale, rispetto a quella che si registra nelle Unità geografiche più meridionali della denominazione. 


L’ESPOSIZIONE

Sviluppandosi sul versante sinistro del fiume Greve che scorre verso Firenze e verso Nord, Montefioralle ha le proprie vigne perlopiù esposte a Est, ovvero più a bacìo che a solatìo come si dice in Toscana. In passato, diciamo almeno fino al cambiamento climatico che ha segnato significativi aumenti delle temperature estiva (dal 1997) ed invernale (dal 2007), il bacìo era svantaggiato da una lenta maturazione. Ciò non ha impedito che qui si facesse viticultura da sempre, soprattutto grazie alla vocazione dei suoli come vedremo più avanti, con lo svantaggio dell’oidio che arriva con la Tramontana, appunto da Est. Oggi, i vantaggi di questa esposizione sono molteplici. Le vigne a Oriente prendono il primo sole del mattino. Tecnicamente questo calore è utile ad asciugare l’umidità notturna delle viti il prima possibile, riducendo i rischi per la salubrità dei grappoli. A mezzogiorno, questa esposizione riceve meno sole, riducendo se non eliminando, i rischi delle scottature per le viti. Il Sangiovese è una varietà particolarmente sensibile alle scottature. Le zone con esposizioni a Ovest, come ad Altiero o a San Cresci sono le più soggette a questo fenomeno recente, ma anche quelle dove i vini acquistano un punto in più di colore, un frutto leggermente più ricco rispetto alla ciliegia rossa classica di Montefioralle, tannini generalmente più pronunciati e un punto o anche un punto e mezzo di alcol superiore: il Chianti Classico 2020 di San Cresci ha ad esempio 15%. Anche il Sud di Vigna la Fornace di Villa Calcinaia tende a essere più ricco e solare per via dell’esposizione, così come il Sillano di Terreno raggiunge facilmente in certe annate gradazioni alcoliche che sfiorano anche i 15% grazie probabilmente proprio all’esposizione a Sud-Ovest, mentre sembra ininfluente per Podere Campriano l’Ovest perché più orientato verso Nord che verso Sud. Esposizioni prevalentemente a Est sono quella di Melazzano, dell’azienda agricola Montefioralle, di Viticcio, di Villa Calcinaia con eccezione per Vigna la Fornace e Vigna Contessa Luisa, delle Palaie e del Castello di Verrazzano con tendenza anche al Nord. L’importanza di un Est oggi, come ricordato di recente anche da Donato Lanati, è la minore esposizione e quindi temperature più basse. Sul grappolo di uve rosse gli acini possono raggiungere fino a 50°C con 35°C di temperatura nell’atmosfera. Ciò comporta un inizio di polimerizzazione dei tannini in vigna rendendoli meno disponibili per il vino, con conseguente minor potenziale di longevità. Al contrario su Montefioralle, la prevalente esposizione a Est mantiene una particolare freschezza di frutto, una ciliegia rossa, o nocciolo di ciliegia, che tornerà utile proprio per l’invecchiamento. Partendo da un frutto maturo, infatti, in bottiglia non potrà che sedersi ulteriormente. 


IL SUOLO

Il Chianti Classico ha nel cosiddetto Macigno del Chianti la sua ossatura principale. Guardando la mappa della denominazione si può notare una sorta di H con il lato orientale più lungo e quello occidentale più corto. Uga come Lamole, Gaiole, Radda e la parta alta di Castellina, sono riconducibili a questo tipo di suolo. La Greve per Montefioralle segna un confine geologico molto più profondo di quanto venga naturale immaginare. Da questo lato del fiume, i suoli sono prevalentemente di alberese, un calcare marnoso , con alcune zone caratterizzate dalla presenza di pietraforte, un’arenaria sempre con alte percentuali di calcare attivo. Il Macigno, che come la pietraforte è un’arenaria, è tuttavia privo di calcare attivo, un elemento come vedremo fondante per la personalità dei vini di Montefioralle e la loro eleganza tannico acida. L’origine geologica di questa Uga è marina e ascrivibile soprattutto al Cretacico, più vecchio di circa 50 milioni di anni rispetto ad esempio a Oligocene Superiore e Miocene inferiore del Macigno. Siamo tra 130 e 56 milioni di anni fa, tra Cretacico inferiore ed Eocene medio in quella che viene chiamata tecnicamente Formazione di Monte Morello, ovvero i suoli di alberese. Un calcare marnoso, un terreno con presenza di calcare attivo (CaCO3) e una percentuale variabile di argilla. Strati di calcare biancastro intercalati di argilliti color ocra. Lo spessore del suolo in superficie è molto limitato. Terreni simili si trovano oltre che a Montefioralle, nella parte Sud di Radda, a Lecchi, a Monti e soprattutto a Gaiole. La Formazione di Sillano, altro suolo tipico di questa Uga seppur in minore concentrazione è simile alla Formazione del Monte Morello con una percentuale più bassa di calcare attivo. L’alberese infatti rimane la stragrande maggioranza del suolo di Montefioralle, certamente un unicum tra le Uga del Chianti Classico considerando la regolarità del suolo in proporzione all’estensione del territorio. La caratteristica principale di questo tipo di suolo è essere più alcalino e sub-alcalino che acido (riferito al pH del terreno). “La speranza più comune tra i vignaioli è quella dell’alcalinità e quindi meno asprezza e più rotondità di gusto risultano accentuate nelle uve e nel vino provenienti da un suolo meno fertile” (Retallack-Burns, 2015). Se c’è qualche aspetto proprio del suolo che si può assaggiare nel vino è l’acidità. Il gusto astringente viene soprattutto da vini sovralimentati su terreni troppo fertili. Montefioralle e in particolare i vini provenienti dalla Formazione di Monte Morello su suoli di alberese, sono quindi riconoscibili per un frutto vivido, brillante, definito con precisione. La mineralità del terreno emerge con una nota di grafite. La speziatura risulta dolce, tra i semi di anice e il pan di zenzero, difficilmente si vira verso pepe e in pochi casi emerge la radice liquirizia, comunque dolce. Questo suolo come dicevamo si distingue però soprattutto per una particolare delicatezza nell’ingresso in bocca. Qui l’acidità, pur elevata, si sviluppa progressivamente in modo teso e rinfrescante ma mai aggressivo e sempre ben integrato. A questa delicatezza fresco acida corrispondono tannini molto eleganti già in gioventù. Esempi più tipici su alberese sono il Chianti Classico riserva 2019 dell’azienda agricola Montefioralle. Le Balze di Montefioralle di Podere Campriano. La Vigna Bastignano di Villa Calcinaia. Il Chianti Classico di Viticcio e la Gran Selezione Prunaio (sempre di Viticcio) sebbene influenzata da un frutto più scuro nell’assaggio perché del 2017, annata calda. Più scura sempre per via dell’annata la Gran Selezione 2015 di Tenuta Melazzano dove il tannino appare più gessoso nel finale probabilmente per una percentuale di legno nuovo (sebbene non piccolo), ma l’acidità resta delicata e rinfrescante. Più austeri in gioventù e freschi nella loro prima gioventù i vini del Castello di Verrazzano per via della loro posizione ed esposizione. La complessiva tessitura elegante figlia dell’alberese acquista maggiore grassezza nella zona della Formazione di Sillano dove il tenore argilloso è leggermente superiore. Se la Formazione del Monte Morello si riconosce per un colore bianco, quella di Sillano si distingue invece per un pantone più ocra. Queste marne sono descritte anche come argilliti grigio brune con calcareniti, dette anche Marne di San Polo. Sono però minoritarie nella Uga. Un altro suolo importante, sebbene non quanto a Panzano, è la pietraforte presente anche a Monsanto e nella zona di Poggio Macericca. Sempre di origine marina, la pietraforte è un’arenaria come il Macigno, ma con importante presenza calcarea. Per capirne la natura basti osservare il Borgo di Montefiorealle, costruito perlopiù proprio con l’uso di pietraforte un po’ come il Comblanchien in Borgogna e le facciate di molti monumenti borgognoni e parigini. La pietraforte risale al Cretacico superiore tra 100 e 72 milioni di anni fa. Un’arenaria mista a siltiti quarzose e feldspatiche con presenza di calcio. I vini su pietraforte si concentrano nella zona centrale dell’Uga, in particolare quelli di Altiero, Pieve di San Cresci, Maurizio Brogioni e la parte sotto Sillano dove si produce la Gran Selezione di Terreno. La pietraforte condivide con l’alberese la nitidezza di frutto rosso fresco e la delicatezza dell’acidità in ingresso bocca, ma mostra una presenza tannica più importante dalla granulometria più grossa in gioventù e dal potenziale di longevità maggiore. Da segnalare sebbene minoritarie le argilliti scistose presenti soprattutto nella parte sud occidentale dell’Uga, nella zona di Pernano. Si tratta di suoli di argilla con calcare, simili a quelle di Radda, di Brolio e Cintoia, di consistenza galestrosa. Molti infatti pensano che il galestro sia un suolo, invece è un sedimento marino solidificato a strati che si scompone in scaglie grazie agli agenti atmosferici, qui frammisti a rocce di diverse formazioni: dal Monte Morello a Sillano. Sono suoli sottili, scagliosi, friabili e di bassa fertilità. Altiero non vinifica per il momento separatamente i vigneti di Pernano e quindi non esistono purtroppo esempi nitidi di questi suoli nel panorama di Montefioralle. Tra le annotazioni finali, merita ritornare sulla componente boschiva. Oltre che un’influenza climatica, infatti, il bosco può influenzare il suolo e i suoi nutrienti. Molti agronomi concordano nel ritenere che bosco, muffa, funghi, possano apportare sostanza organica ai vigneti e quindi influenzare fertilità e vigoria delle viti, alzando il pH delle uve, dando difficilmente un tannino stramaturo e quindi producendo vini dall’incisività aggrappante e maggiore grassezza. Una stilistica degna di nota nei vini di Altiero anche se resta difficile stabilire quanto dipendente dal bosco e quanto dalla pietraforte.   


LE ALTRE DETERMINANTI

Se c’è un aspetto interessante di Montefioralle è la forza del carattere di questo vino. Ciò non toglie che piccole differenze possano emergere a seconda di altre determinanti. Portinnesti o cloni diversi ad esempio. Per il Sangiovese del Prunaio di Viticcio è utilizzato il clone del Poggione di Montalcino. Tuttavia, in questi 6 ettari a 430 metri con esposizione che da Est ruota verso Nord e verso Sud, nella zona molto boschiva di Mezzuola, su suolo di alberese, il dettaglio del territorio (freschezza di frutto, delicatezza dell’acidità e tannini eleganti) prevale sul clone. Se dell’influenza del bosco si è già detto. Più evidente appare il sistema di allevamento ove si presenti in una forma drasticamente diversa rispetto ai classici Guyot e cordone. E’ il caso ad esempio degli alberelli di Vigna Bastignano dove la maggiore ombreggiatura offerta da questo sistema di allevamento conferisce un carattere più austero ai vini, dove la nitidezza della ciliegia diventa più scura e minerale ricordando la caramella di rabarbaro. Le vigne più vecchie danno indubbiamente una versione più concentrata di Montefioralle mentre rispetto a zone più fertili e dai tannini meno eleganti, qui la qualità polifenolica appare alta anche a partire da età medie inferiori. Esempi di vigne più vecchie sono ad esempio Campriano e San Cresci, parte di Villa Calcinaia e Verrazzano, la Gran Selezione di Altiero. Discorso completamente diverso va fatto per i vitigni. Nonostante una larga maggioranza di ettari piantati a Sangiovese, come previsto dal disciplinare del Chianti Classico, a Montefioralle si trovano alcuni vigneti se non filari di Merlot, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc. Con questi internazionali il carattere del frutto tende a ispessirsi e scurirsi, ma ancora una volta suolo ed esposizione dominano anche i vitigni con un paio di eccezioni. Se infatti il 5% di Merlot del Chianti Classico di Viticcio si sottomette al timbro di Montefioralle, si avvertono l’eucalipto del Cabernet Franc  nella Riserva e nella Gran Selezione David di Podere San Cresci, con tra l’altro una presenza tannica più larga, e la nota pirazinica di peperone verde del Cabernet Sauvignon nei Chianti Classico delle Palaie, influenzato anche da un’esposizione particolarmente fresca. Anche il Sangiovese tende a ispessirsi e scurirsi nelle annate più calde come 2015 o 2017 per citare le ultime. L’alcol segue con mezzo punto o un punto sopra la media della Uga, tuttavia l’esposizione Est-Ovest sembra marcare anche più di annate calde e annate fredde, o perlomeno a mettere le une in concorrenza con le altre. Ultimo ma non ultimo, il sistema di vinificazione incide invece in modo significativo su alcuni vini. L’assenza di controllo di temperatura per esempio scurisce il frutto rosso tipico di Montefioralle nei vini della tenuta omonima, che però cambieranno in futuro perché piastre termiche sono state introdotte proprio dal 2021/2022. Il legno piccolo è spesso utilizzato a Montefioralle, ma le percentuali di nuovo sono minime. Viene impiegato infatti perlopiù per soddisfare i bassi volumi delle piccole aziende. Usano la barrique con questa logica, Podere Bucine, l’azienda agricola Montefioralle, Altiero. Il Chianti Classico 2020 di quest’ultimo, ad esempio, affina in tonneaux di legno americano che, benché non nuovo, trasmette dolci note di cocco al vino che un po’ si discostano dal carattere territoriale.  


CONCLUSIONI

Il Chianti Classico di Montefioralle risulta come abbiamo visto essere uno dei più freschi ed eleganti della denominazione. Il suolo prevalentemente di alberese contribuisce a produrre vini dal colore rubino vivido, con sentori di ciliegia rossa e nocciolo di ciliegia, esaltati nella fragranza dall’esposizione perlopiù orientale dei vigneti dell’Uga. L’esposizione, combinata con un clima più fresco, sottolinea la fragranza del frutto e mantiene elevata l’acidità. Il carattere alcalino e sub-alcalino dei suoli esalta la grazia dell’acidità e la sua integrazione, rendendo l’attacco dei vini morbido, ma non per questo meno teso o fresco nello sviluppo sul palato. L’elevata presenza di calcare attivo del terreno contribuisce a estrarre anche un’ottima qualità del tannino, mai aggressivo, setoso negli esempi migliori, più mascolino e granuloso nelle zone con presenza di pietraforte. La stessa natura del suolo pare influenzare il carattere floreale che ricorda la viola dolce, di Parma, o la caramella alla violetta. Il sentore di viola dolce accomuna Montefioralle a Panzano. Nella prima però anche la speziatura risulta dolce, tra semi di anice e pan di zenzero che col tempo evolvono in note di canfora e di menta piperita. Essendo una zona fresca l’alcol risulta esuberante solo da alcune vigne molto esposte, comunque sempre ben bilanciato dall’acidità.  Nel contesto della denominazione, dunque Montefioralle mostra l’eleganza di Lamole, con un floreale più dolce e meno pungente, minore austerità, maggiore rotondità grazie ai suoli alcalini o sub-alcalini, un corpo più generoso. Non ha la concentrazione e il carattere più scuro di Panzano, né l’acidità più nervosa di Gaiole. Ha in comune con Radda una certa sapidità e mineralità espressa dal sentore di grafite ma si differisce per una struttura meno possente e più leggiadra. Si distacca sensibilmente dalle zone più assolate o argillose come la stessa Greve, Vagliagli o Castelnuovo Berardenga. Più aggraziato, fine e integrato anche in gioventù rispetto al Gallo Nero di San Casciano, questo Chianti Classico può essere più facilmente accomunato ad alcuni vini di San Donato in Poggio, ma si distingue poi per la sua prevalente esposizione a Est che gli conferisce una particolare fragranza.  

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